La leggenda del Campiello Remer


Nel cuore di Venezia, nel sestiere di Cannaregio nelle vicinanze del Ponte di Rialto, si apre il Campiello Remer, famoso anche perchè un tempo vi fabbricavano i remi delle gondole.

Oggi l’attrazione principale è costituita da un delizioso bacaro in cui gustare le prelibatezze della cucina veneziana, la Taverna del Campiello Remer, che senza dubbio vi consiglio!

Dalle rive del Campiello si può ammirare un’ottima vista panoramica del Canal Grande, che comprende parte del Ponte di Rialto, il Palazzo dei Camerlenghi, il Campo dell’Erberia ed il lungo edificio delle Fabbriche Nuove.

Il Campiello del Remer è un piccolo scrigno di bellezza dal sapore antico…caratterizzato da un’elegante scalinata che conduce ad una loggia in stile gotico, una parete in muratura, una tipica vera da pozzo veneziana che troneggia al centro del Campiello.

Tra tanta bellezza però, il campiello come quasi tutti i ponti, i palazzi e gli angoli più caratteristici di Venezia, conserva una leggenda.

Si dice che affacciandosi sulla riva lungo il Canal Grande si potrebbe vedere un fantasma che affiora dall'acqua, reggendo tra le mani la testa di una donna. 

Secondo la leggenda,la vicenda si sarebbe svolta nel 1598, e ha come protagonisti tre personaggi storici di Venezia: il doge Marino Grimani, la nipote Elena e suo marito Fosco Loredan. 

Una sera, mentre il doge passeggiava per la città, sentì una donna gridare. Subito si guardò attorno e vide una donna vestita di bianco correre alla disperata attraverso le strette calli della Serenissima, inseguita da un uomo armato di spada. Il Grimani si mise all’inseguimento della coppia e giunto nei pressi del Campiello del Remer, riuscì a bloccare l’inseguitore, riconoscendo in lui il marito della nipote.

Il Doge interrogò subito Fosco sul suo comportamento, e questi si giustificò dicendo che Elena lo aveva tradito: aveva scoperto la moglie abbracciata a un altro uomo, e voleva vendicare il torto subito. La donna si difese sostenendo che la gelosia di Fosco era infondata, dato che l’uomo con cui Fosco l’aveva vista abbracciarsi altri non era che suo cugino. 

Nel campiello si era intanto radunata una folla di curiosi, che volevano assistere alla scena, pregustando forse una “baruffa”. Marino tentò di far ragionare i due, e apparentemente la situazione parve rientrare nella normalità, ma a un tratto Fosco si scagliò contro la moglie e la decapitò. Poi, quasi come se nulla fosse successo, si rivolse al Doge chiedendogli quale dovesse essere la sua pena. Grimani gli rispose che doveva recarsi a Roma dal Papa per avere l’assoluzione, e che avrebbe dovuto portare con sé il cadavere della moglie, tenendone la testa decapitata in mano. Avrebbe dovuto presentarsi di fronte al Papa e chiedere perdono per il suo gesto. 

Arrivato a Roma, Fosco implorò il perdono del Papa, ma il Pontefice non volle neppure riceverlo, negandogli quindi l’assoluzione. 

Terrorizzato, e vedendosi ormai perduto, Fosco ritornò a Venezia, sempre reggendo la testa della moglie tra le mani, e recatosi nel luogo dove aveva commesso quell’atroce delitto, si gettò nel Canal Grande, lasciandosi affogare. 

É da allora che, nelle notti di luna piena, quando soffia il vento di tramontana, il corpo di Fosco riemerge, tenendo tra le mani la testa della moglie Elena.



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