Befana o Marantega

A Venezia la vecchia viene chiamata Marantega. Il nome che deriverebbe dal latino Mater Antiqua, corrotto nel dialettale Mare Antiga, che si affibbia ancora oggi a qualche anziana burbera e magari non proprio curata

Erano anni duri. La minaccia per i bambini cattivi era anche quella di pigliare qualche bastonata dalla vecchia, assieme allo spiacevole carico nella calza. Per questo i più piccoli, subito dopo averle lasciato una tazza di caffelatte con del pane e aver messo la calza sotto il camino (quando ancora ve n’era uno in ogni casa, anche le più povere), prima di andare a letto le cantavano questa filastrocca. “Marantega barola / T’ho parecià la tola / Adesso vago in leto / Xe un ano che te speto / Go meso qua la calzeta mia / Impenissimela de robe bone / E po scampa via”.

Ai tempi della Repubblica, il giorno dell’Epifania il doge assisteva alla messa solenne a San Marco, mentre una folla di bambini festosi aspettava con impazienza fuori della chiesa il termine della funzione. Alla fine, tra le risa dei patrizi, lo “sciame” di ragazzini andava a San Zaccaria, dove venivano aperte le porte del convento e le monache distribuivano piccoli marzapani, panetti zuccherati, ciambelle e scalette. Sulla torre dell’orologio uscivano ad ogni ora i tre Re Magi preceduti dall’angelo a riverire la Madonna. Sulla Piazzetta c’erano nel pomeriggio i teatrini di marionette che rappresentavano “el gran viazo dei Maghi” e la “Marantega” col coro cantato a piena gola dai piccoli spettatori. “Vecia Marantega / bruta scarpìa / Se no ti porti / scampa pur via”. Sempre a proposito dell’Epifania, per antica tradizione si dice che gli animali, nel corso della notte, abbiano la possibilità di parlare, e su questo fatto circola un’antica storiella, per dissuadere i curiosi. C’era una volta un contadino che possedeva una stalla piena di bestie, e non aveva mai voluto credere al fatto che gli animali, la notte dell’Epifania, si mettessero a parlare. Arrivata che fu la notte fatidica si nascose nella stalla, senza che nessuno lo vedesse, per constatare di persona se questa storia fosse vera o meno. Arrivata la mezzanotte uno dei buoi si mise a raspare per terra, in maniera talmente insistente che un altro bue alla fine gli chiese: “Si può sapere cosa stai facendo, con tutto questo raspare per terra?”. Al che il primo rispose: “Faccio una buca per seppellirci il mio padrone”. Immaginatevi il contadino! Prese tanta di quella paura che i suoi inservienti, il mattino successivo, lo trovarono lungo disteso nella stalla. Si avverò così quel che aveva detto il bue: l’uomo morì perché aveva voluto conoscere i segreti di Dio. Di Alberto Toso Fei



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