La “Cassandra del Vajont”
Clementina Merlin, detta Tina, aveva indagato, scritto e protestato con sferzanti parole contro la costruzione di una diga pericolosa per quella comunità di cui faceva parte, ma nessuno le aveva dato retta, anzi era stata accusata, processata e assolta.
Pochi giorni dopo la strage che provocò la morte di 1.917 persone, tra cui 487 bambini, scrisse: «tutti sapevano, nessuno si mosse».Viene ricordata, più che per la sua pur ricca produzione letteraria, per avere aiutato, con caparbietà e ostinazione, a mettere in luce la verità sulla costruzione della diga del Vajont.
Dando voce alle denunce degli abitanti di Erto e Casso, riuscì a denunciare i pericoli che avrebbero corso i due paesi se la diga fosse stata effettivamente messa in funzione.
Inascoltata dalle istituzioni, nel 1959 il conte Vittorio Cini, ultimo presidente della SADE (Società Adriatica di Elettricità) società che si stava occupando della costruzione della diga, fece denunciare la giornalista dai carabinieri di Erto per "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico" tramite i suoi articoli, ma lei fu processata e assolta il 30 novembre 1960 perché il fatto non costituiva reato.
In seguito al disastro del Vajont, consumato il 9 ottobre 1963, tentò di pubblicare un libro sulla vicenda, "Sulla Pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont", che tuttavia trovò un editore solo nel 1983.
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