Io e la caduta del "Muro"

Il 9 Novembre 1989 io ero una bambina che andava in quelle che qui in Italia si chiamano "scuole elementari", vivevo ad Amburgo e mi ricordo perfettamente che intorno alle 6 del pomeriggio in televisione non si parlava d'altro che del muro e dalla sua imminente caduta. 

Il telefono di casa continuava a squillare, erano le amiche della mia prima mamma adottiva, che vivevano a Berlino e davano notizie di quello che stava succedendo. Non c'erano i social, all'epoca le notizie viaggiavano tramite gli amici, i giornali ed i telegiornali.

Le prime notizie da Berlino arrivarono nelle nostre case all’ora di cena, con i telegiornali della sera: allora le informazioni non viaggiavano sugli smartphone, che adesso tutti teniamo in tasca o comunque a portata di mano. Così trent'uno anni fa - il 9 novembre 1989 - anche la gente comune poté seguire in tv, tra la cucina e il salotto, un evento straordinario che “tagliò” la storia dell'Europa e del mondo, la caduta del Muro di Berlino.

Ricordando i lunghi anni del confronto Est-Ovest (con rischio nucleare), quella sera e quella notte ci siamo sentiti tutti “berlinesi”, condividendo la dichiarazione di John F. Kennedy, pronunciata nel giugno 1963 proprio sotto il Muro: «Ich bin ein Berliner».

Evento del tutto inatteso, visto che gli stessi protagonisti della politica mondiale non immaginavano che il Muro stesse per cadere, forse fino a un minuto prima che succedesse. Non lo volevano Mikhail Gorbaciov, né George Bush senior, non Margareth Thatcher e neppure François Mitterrand. Con la sua proverbiale verve, Giulio Andreotti una volta disse di amare talmente la Germania da volerne due (suscitando qualche imbarazzo diplomatico a Bonn), ma il conio originale di questa battuta risale allo scrittore francese François Mauriac (pronunciata negli anni '50). Persino più di un mese dopo il crollo del Muro, il cancelliere della Germania occidentale Helmut Kohl prefigurava uno scenario confederale di avvicinamento graduale fra i due Stati tedeschi.

A Berlino Est il leader storico Erich Honecker, dal 1971 segretario generale della Sed (il partito comunista della Germania orientale), ancora nel gennaio 1989 aveva affermato che l’esistenza del Muro sarebbe stata assicurata per altri cento anni. Ai primi di ottobre Gorbaciov si reca a Berlino per la solenne celebrazione dei 40 anni della Ddr (Deutsche Demokratische Republik) ed esorta Honecker a non trascurare i segnali della realtà: «Chi arriva troppo tardi, rischia di essere castigato dalla vita». Nemmeno due settimane dopo Honecker si dimette e viene sostituito da Egon Krenz. 

È il fatidico giovedì 9 novembre. Il nuovo segretario generale della Sed, Krenz, aveva intenzione di aprire nuovi punti di passaggio lungo il Muro: al suo portavoce Günter Schabowski spettava il compito di illustrare la nota del Politburo ai giornalisti convocati alle ore 18. Alla domanda su quando sarà possibile passare liberamente la frontiera fra le due Germanie, la risposta del portavoce è quasi incredibile: «Per quanto ne so, da subito (Ab sofort)». A seguire Schabowski conferma anche a un giornalista tedesco-occidentale, inviato della «Bild», che la nuova disposizione si applicherà «immediatamente» (unverzueglich) anche a Berlino Ovest. Un paio d’ore dopo migliaia di automobili Trabant si riversano verso i varchi con Berlino Ovest a clacson spiegati gridando in coro «Die Mauer ist weg», il Muro non c'è più!

Ehrman è festeggiato dai colleghi, come se fosse stato lui a “far aprire” il Muro di Berlino!

L’apertura del Muro, inaspettata e improvvisa, può essere avvenuta banalmente per errore? Nella concitazione degli eventi Schabowski forse non aveva capito bene le parole sussurrategli di fretta in un corridoio dal suo capo Krenz: non c'era ancora la decisione ufficiale, si trattava solo di un progetto. Theo Waigel, che fu ministro delle Finanze in tre governi guidati dal cancelliere Kohl tra il 1989 e il 1998, ha poi spiegato che il clamoroso annuncio del portavoce del Politburo fu probabilmente il frutto di una serie di equivoci e di improvvisazione.

Ma nella Ddr nulla avveniva per caso, anche quelle che sembravano iniziative spontanee a volte venivano ispirate dall'alto. 

Bisogna sapere che nella Germania comunista c'era un sistema spionistico che controllava tutto e tutti, nella Germania Est, contando i collaboratori occasionali, c'era un informatore della Stasi (la polizia segreta) ogni sei abitanti.

Ricordo ancora cosa disse la maestra il giorno successivo alla caduta del muro, non appena entrammo in classe, disse che i tempi non era giusti per una tale libertà e che certe cose andavano conquistate piano piano senza fretta.

Per quarantacinque anni, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, Berlino e le due Germanie avevano rappresentato il simbolo tangibile dell'Europa divisa in due blocchi contrapposti. Quando i sovietici nel giugno 1948 isolarono l'ex capitale tedesca, bloccando i corridoi di transito verso Berlino Ovest, gli americani organizzarono un gigantesco ponte aereo nello scalo di Tempelhof (durato fino al maggio 1949), salvando i berlinesi dalla fame. 

I primi segni del disgelo, dopo la morte di Stalin, non evitarono che i moti operai del 17 giugno 1953 a Berlino venissero repressi con i carri armati. A ricordo di quei fatti è stata intitolata la Straße des 17. Juni, che inizia dalla Porta di Brandeburgo, in prosecuzione dell’Unter den Linden (il viale dei Tigli) e attraversa il grande polmone verde del Tiergarten. Ma la costruzione del Muro, nell’agosto 1961, aveva interrotto la prospettiva viaria fino al novembre 1989.

La Riunificazione tedesca (Wiedervereinigung) è proclamata il 3 ottobre 1990: la Guerra fredda può dirsi finita. A Mosca Gorbaciov rimarrà presidente fino al 27 dicembre 1991, quando viene decretato lo scioglimento dell'Unione Sovietica e la Russia di Boris Eltsin, diventata pienamente sovrana, ne raccoglie l'eredità internazionale, subentrandole anche nel seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell'Onu.



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