Sigmund Freud, alcune curiosità sul padre della Psicanalisi.
Sigismund Schlomo Freud, conosciuto come Sigmund Freud, nacque il 6 maggio 1856 a Freiberg (Příbor), nell'odierna Repubblica Ceca (al tempo chiamata Moravia).
Medico e fondatore della Psicanalisi, identificò nell’inconscio la sede degli istinti e dei desideri, e nei conflitti irrisolti la causa di isterie e nevrosi.
Rovesciando una tradizione millenaria che vedeva nella psiche una materia impenetrabile alla ragione, ne fece il punto di vista da cui partire per l’analisi del paziente.
Ancora oggi è oggetto di studi, ma in vita il suo lavoro non venne particolarmente apprezzato e le sue teorie guardate con sospetto.
L'ANTESIGNANO DELLA PET-TERAPY. Sigmund Freud ritratto nel suo studio con l’inseparabile Jofi, il suo Chow Chow femmina. Freud considerava la sua presenza durante le sedute di psicanalisi imprescindibile, perché rassicurante per il paziente.
Jofi era così abituata a seguire le sedute del padrone che con il tempo imparò a calcolare il tempo di ogni incontro. Quando si alzava in piedi, Freud sapeva che la seduta era finita.
LE FOBIE DELL'UOMO CHE SCOPRÌ LE FOBIE. Si dice che Freud fosse ossessionato dal numero 62. Riteneva che proprio a quell'età, 62 anni, sarebbe morto (in realtà campò fino a 83). Per questo motivo non alloggiava mai in una stanza d’albergo che avesse quel numero. Aveva anche la fobia delle felci e aveva una gran paura di viaggiare in treno.
ROUTINE GENIALE. Le abitudini di Freud erano molto rigide. Al mattino si dedicava ai pazienti, pranzava ogni giorno alle 13 in punto. Adorava la carne di manzo e odiava il pollo. Dopo pranzo, usciva a fare una passeggiata di buon passo di tre chilometri, percorrendo sempre le stesse strade, in particolare la Ringstrasse (il viale intorno al centro di Vienna) e lungo il percorso raccoglieva dei funghi.
Nel pomeriggio si dedicava ancora ai pazienti e dopo cena giocava a carte, di cui era grande appassionato, con la moglie o la figlia.
IL DIVANO ERA UN REGALO. Il famoso divano dove psicanalizzava i pazienti, era un regalo di una paziente, la signora Benevenisti. L’idea di far stendere i pazienti sul divano, glie venne ai tempi nei quali praticava l’ipnosi e scoprì che era più facile far andare le persone in trance se erano distese.
FUMATORE COMPULSIVO DI SIGARI. Sigmund Freud amava i sigari. Ne fumava anche 20 al giorno e tra le nuvole di fumo, borbottava, lui che vedeva simboli inconsci in ogni cosa: «A volte un sigaro è solo un sigaro».
Per colpa dei sigari (e delle sigarette che fumava da giovane) Freud sviluppò un grave tumore alla gola, che lo portò alla morte nel 1939. Quando i dolori del cancro diventarono insopportabili, chiese che gli venisse concessa la morte assistita. Il suo medico di fiducia gli iniettò della morfina per aiutarlo a morire.
POCHI VESTITI. Aveva solo tre completi, tre cambi di indumenti intimi e tre paia di scarpe. Forse per risparmiare (o per tirchieria)? No, gli sembrava inutile comprare altri vestiti. Vestirsi sempre allo stesso modo è abbastanza comune tra le persone geniali.
L'EMICRANIA E LA COCAINA. Freud soffriva di ripetuti e terribili attacchi di mal di testa. Dalla lettura dei suoi racconti e da altre testimonianze si è dedotto che soffrisse di emicrania che lo stesso Freud cercava di curare con la cocaina.
Freud scoprì la cocaina, allora quasi sconosciuta, a 28 anni. Iniziò a usarla per le terapie contro l'ansia (e anche per lenire i suoi mal di testa), ma ne divenne dipendente, almeno fino ai 40 anni. «Ho bisogno di un sacco di cocaina. Il tormento, la maggior parte delle volte, è superiore alle forze umane» scriveva nel 1895, cioè un anno prima di abbandonare la droga.
IN FUGA. Quando durante la seconda guerra mondiale, la Germania si annesse l’Austria, i nazisti, dopo aver bruciato i suoi libri, fecero irruzione nel suo appartamento, arrestando la figlia Anna. Il padre della psicanalisi era ebreo, ma soprattutto agli sgherri del Fuhrer non era piaciuta la sua indagine sull’inconscio e le pulsioni dell’essere umano. Fu grazie all’intercessione di un’altra sua paziente, la principessa Maria Bonaparte, che Freud con moglie e figlia trovò esilio a Parigi e a Londra. Ma 4 delle sue sorelle, Rosa, Marie, Adolfine e Pauline non ce la fecero e perirono in un campo di concentramento nazista. Ma quella di Freud non fu una fuga nottetempo, in realtà secondo alcuni storici Freud riuscì ad accordarsi con alcuni nazisti per salvaguardare il suo archivio e parte del suo patrimonio.
POLIGLOTTA AUTODIDATTA. Oltre al tedesco, Freud conosceva bene l'inglese (leggeva Shakespeare in lingua originale).
Da adolescente imparò anche lo spagnolo insieme a un compagno di scuola, per il piacere di poter leggere il Don Chisciotte in originale. Era infatti un grande ammiratore di Cervantes. Tuttavia - a scuola, durante le lezioni - univa l'utile al dilettevole: con il suo amico utilizzavano lo spagnolo per scriversi messaggi segreti, incomprensibili a compagni e professori.
Nella foto la targa che ricorda il luogo dove Freud abitò una volta emigrato a Londra nel 1938.
LA DEDICA DEL DUCE. Il drammaturgo Gioacchino Romano, che aveva scritto un dramma su Napoleone con Mussolini, ne fece dono a Freud con dedica dello stesso duce: “a Sigmund Freud che renderà migliore il mondo, con ammirazione e riconoscenza Benito Mussolini und G. Forzano”. Non è detto che Mussolini ne fosse al corrente, ma c'è chi ritiene che Freud gli fosse simpatico al ponto da proteggerlo durante il nazismo. Pare che Freud contraccambiò con una copia, diretta al Duce, del suo Warum Krieg? (Perché la guerra?), scritto con Albert Einstein. E una dedica: «A Benito Mussolini coi rispettosi saluti di un vecchio che nel detentore del potere riconosce l’eroe della civiltà». Gli storici spiegano questa deferenza con il fatto che Freud riteneva che il Duce potesse impedire l’Anschluss, ossia l’annessione dell’Austria al Reich tedesco. Ma non andò così.
FREUD È FINITO SULLA LUNA (SI FA PER DIRE). Sul nostro satellite naturale c'è un minuscolo cratere lunare dedicato allo psicoanalista tedesco. Si trova nella pianura interna all'Oceanus Procellarum, nella parte nordoccidentale della faccia visibile della Luna. È situato a pochi chilometri ad ovest della Vallis Schröteri, un'ampia e sinuosa valle lunare, e ha un diametro di 2 soli chilometri.
EBBE 12 NOMINATION AL PREMIO NOBEL… ma non ne vinse mai uno. E le nomine cessarono quando un esperto, nominato dal comitato del Nobel, asserì che il lavoro di Freud non aveva riscontri scientifici.
ACCUMULÒ CIRCA 2000 REPERTI ARCHEOLOGICI. Oggi sarebbe illegale, ma ai tempi di Freud era considerato accettabile. Molti dei reperti, prevenienti da scavi di tutto il mondo, risiedono nella vecchia casa di famiglia, che ora è un museo aperto al pubblico.
COSA CI RESTA DI FREUD? Molti aspetti della sua analisi sono stati rigettati dalla moderna psicologia. Ma a Freud dobbiamo intuizioni geniali come il fatto che sentimenti, idee, impulsi, desideri, eventi e azioni hanno importanti e spesso inconsapevoli significati (l’inconscio); che l’eccitazione sessuale non è limitata ai genitali; che il passato ha sempre un impatto sul presente e che parlare aiuta ad alleviare i sintomi emotivi, ridurre l’ansia e consente di liberare la mente di una persona. E che spesso a fare la differenza nella cura di un disturbo della personalità o di una nevrosi, è proprio il coinvolgimento del paziente nella cura, attraverso la relazione terapeutica.
SÌ OCCUPÒ ANCHE DI PETI. A Freud va il merito di aver indagato meglio di chiunque altro i profondi misteri dell'animo umano. Senza limiti e senza censure. Persino su temi triviali e scatologici. Nella prefazione alla seconda edizione del volume Escrementi e civiltà: antropologia del rituale scatologico di John Gregory Bourke (pubblicato postumo nel 1913) svelò le motivazioni inconsce che portarono a ripugnare peti e flatulenze: «Gli uomini civilizzati sono a disagio e imbarazzati da tutto ciò che ricorda loro la loro origine animale. Provano disperatamente a imitare gli angeli perfetti ma in loro rimane, comunque, una traccia terrena insostenibile da sopportare».
GLI ULTIMI ANNI.
Freud, durante la seconda guerra mondiale, in pessime condizioni di salute, lascia Vienna per trasferirsi a Londra.
Nel 1923 Freud si ammala di carcinoma della bocca e, per questo, subisce due operazioni, ma negli anni successivi la lesione ricompare trasformandosi in un epitelioma del cavo orale, con metastasi ossee. Freud convive per 16 anni con la malattia continuando a fumare sigari per la maggior parte del tempo.
Nonostante varie cure e diverse operazioni, alla fine deve subire l’invasiva asportazione della mascella, che lo costringerà ad effettuare molte sedute quasi in silenzio, solamente ascoltando i pazienti, e all’inserimento di una protesi.
La perdita di un figlio e di un nipote negli anni ’20, e la persecuzione nazista poi, non fanno che aggravare il tutto. Nel 1939, un anno dopo essere giunto a Londra e aver subito l’ultima operazione e la radioterapia, il cancro è in fase terminale, e viene dichiarato inoperabile. Il 21 settembre 1939, Freud, consumato da terribili sofferenze, sul letto di morte chiede al dottor Max Schur di porre fine alle sue sofferenze. Così il medico, dopo aver consultato la figlia Anna come da richiesta dello stesso Freud, aumenta gradualmente la dose di oppiacei. Muore due giorni dopo, senza risvegliarsi dal sonno tranquillo che la morfina gli provocava.
Il corpo di Freud viene cremato dopo una cerimonia civile, e le ceneri vengono tumulate in un cimitero londinese, per essere poi portate, alcuni anni dopo, nel tempio crematorio Golders Green nella zona nord della città e messe in un antico vaso greco, dove verranno tumulate anche quelle della moglie Martha, morta nel 1951.
La sua casa di Londra è nel famoso quartiere residenziale Hampstead nella zona Camden, non lontano dal centro di psicoanalisi, dove lavorerà, anni dopo, la figlia Anna. Dopo la morte di Anna la casa è stata trasformata, per volontà della stessa, in un museo.
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