Grazia Deledda, l’unica donna italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura.
“Il mare: il grande mistero, la landa di cespugli azzurri; con a riva una siepe di biancospini fioriti; il deserto che la rondine sognava di trasvolare verso le meravigliose regioni del Continente. Se non altro ella avrebbe voluto restare lì, sullo spalto dei macigni, come la castellana nel solitario maniero, a guardare l’orizzonte in attesa che una vela vi apparisse con i segni della speranza, o sulla riva balzasse, vestito dei colori del mare, il principe dell’amore."
È il 1900, l’anno in cui Grazia Deledda brucia le tappe facendo il salto che una volta era solo un sogno e che viene descritto attraverso queste parole in Cosima, romanzo autobiografico pubblicato postumo nel 1937 e rimasto incompiuto. Il 1900 non è solo l’inaugurazione di un nuovo secolo, ma anche quella di una nuova vita per Grazia Deledda, che in quell’anno sposa Palmiro Madesani, impiegato dell’intendenza di finanza e dopo il matrimonio suo agente letterario, e raggiunge “le meravigliose regioni del Continente” trasferendosi immediatamente e definitivamente a Roma, meta del sogno letterario della giovanissima Grazia, all’inseguimento della fama e del riconoscimento nella società letteraria nazionale. Proprio a Roma, durante i suoi ultimi anni di vita, scriverà Cosima, apparso con l’aggiunta “Quasi Grazia” nel titolo, a sottolineare lo stretto legame dell’opera con la propria vicenda personale.
Grazia vive tra due poli: da una parte, all’orizzonte, il continente, Roma, la vita dedicata ufficialmente e interamente alla scrittura ed il riconoscimento; dall’altra la Sardegna, sua terra d’origine, che la scrittrice non smette mai di raccontare anche dopo il trasferimento a Roma, ed in particolare Nuoro, la città in cui nasce il 28 Settembre del 1871.
Sin dall’infanzia è una lettrice appassionata, avida di storie che le permettono di conoscere e assaggiare sentimenti ed emozioni e che proteggono da un’infelicità senza desideri, una sensibilità malinconica che fin da bambina la contraddistingue e che darà forma ai suoi racconti. Molti dei personaggi delle sue future storie sembrano provenire proprio da quei racconti orali che in Cosima vengono narrati alla giovane protagonista dai servi: storie di pietà religiosa, di quotidianità e di intimità delicata ma anche storie di banditi, emarginati, anime perse sulla “via del male”, come recita il titolo di uno dei suoi primi romanzi di successo, pubblicato nel 1896 e che le vale una positiva recensione di Luigi Capuana. La famiglia di Grazia ha le caratteristiche di una borghesia paesana, “tra il patriarcale e il selvaggio, che non appartiene né alla borghesia né al popolo né alla nobiltà”, una “casta a sé”, proprietari terrieri senza lusso, vicini alla modernità per quanto quest’isola periferica del Regno d’Italia possa esserlo. Provata da lutti e sfortune, la famiglia Deledda accumula duri colpi che destabilizzano le finanze e la tranquillità famigliare: il padre Giovanni Antonio Deledda muore nel 1892, seguito poco dopo dalla sorella di Grazia, Vincenza, mentre il fratello Santus abbandona gli studi medici a Cagliari rifugiandosi poi nell’alcool e il fratello Andrea contribuisce al disastro finanziario.
Cresce in questi anni il suo desiderio di affermarsi come scrittrice donna, in un periodo e in un contesto storico non favorevole e Nuoro diventa sempre più piccola e ristretta per le sue aspirazioni: nel 1891 pubblica a puntate il suo primo romanzo Stella d’Oriente e inizia a seminare collaborazioni prolifiche (anche se non sempre facili e costanti) con numerose riviste letterarie, locali e nazionali, quali «Nuova Antologia», «La Lettura», «Illustrazione italiana», «Corriere della Sera» e «Ultima Moda». Grazia intesse collaborazioni, amicizie letterarie e rapporti, testimoniati da numerosi epistolari, grazie ai quali inizia a farsi sempre più spazio nella scena letteraria, fino al primo slancio di libertà: il trasferimento da Nuoro a Cagliari nel 1899, dove incontrerà il suo futuro sposo.
Questo primo trasferimento avviene principalmente dal desiderio della scrittrice di insediarsi in una realtà dove la letteratura avesse radici ben solide e per fuggire da un ambiente che non la comprende e non l’accetta. In Cosima spicca ad esempio la posizione contraria che le zie assumono verso le ambizioni letterarie della nipote, una probabile rappresentazione degli ostacoli culturali che la giovane scrittrice si trovava ad affrontare. Le prime novelle, oltre a raccontare storie d’amore, descrivono in modo spietato l’ipocrisia e l’arretratezza della realtà nuorese e naturalmente provocano critiche e giudizi negativi spietati da parte dei suoi concittadini, che accusano Grazia di scrivere menzogne e calunnie. Nonostante questa ostilità Grazia non reciderà mai totalmente il legame con l’isola nativa e non smetterà mai di mettere al centro delle proprie storie quella Sardegna barbara, a volte gretta e miserabile, ma portatrice di un significato arcaico, a testimonianza della capacità di rimanere uguale a se stessa, imperturbabile nel tempo.
A Cagliari poi segue Roma, città che la scrittrice definisce “La Gerusalemme dell’arte”. È proprio nella capitale che Grazia scrive i suoi romanzi di maggior successo: Elias Portolu (1903), Cenere (1904), da cui nel 1916 è tratto l’omonimo film interpretato da Eleonora Duse, L’edera (1908) e Canne al Vento (1913). Il successo si corona nel 1927, anno in cui le viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura (prima donna italiana e seconda a livello internazionale dopo Selma Lagerlöf):
“per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi”,
questa la motivazione del premio, che sottolinea la volontà di Grazia di rappresentare la vita partendo dalla sua esperienza sarda e non quella di stereotipare un’isola ed i suoi abitanti. Grazia continuerà per tutta la sua carriera letteraria a raccontare le verità più intime dell’essere umano perché, come afferma in Cosima,
“Io racconto di uomini e di donne”.
Grazia Deledda si spegne nell’agosto del 1936 e ad oggi rimane l’unica donna italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura.
La fama di Grazia Deledda supera i confini del Globo terrestre, su Venere infatti esiste un intero cratere che porta il suo nome, il "Cratere Deledda". La porzione del luminosissimo pianeta del Sistema Solare dedicato a lei, ha un diametro di 32 Km e si chiama così dal 1985, quando l'associazione "National Organization for Woman" le assicurò gloria imperitura nel cosmo.
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