Gabrielle Bonheur Chanel
La sua fu un infanzia sfortunata: la prematura morte della madre, l'abbandono da parte del padre Henri-Albert Chasnel e gli anni in affidamento alle suore del Sacro Cuore, a Aubazine.
Circondata da donne vestite solo di abiti austeri, rigorosamente bianchi e neri, e dall'architettura rigorosa dell'abbazia, è proprio qui che Gabrielle inizia a diventare Chanel: l'antitesi dei colori opposti e la severità delle linee saranno, un domani, la caratteristica distintiva della sua moda.
Compiuti i 18 anni, Gabrielle è libera di andarsene da Aubazine e di cominciare, all'alba dei diciotto anni, a vivere la propria vita.
Impiegata come commessa nella bottega Maison Grampayre a Moulins, allo stesso tempo è cantante in un caffè: qui intona la canzone Qui qu'a vu Coco? e, secondo la leggenda, è proprio da questo momento che tutti iniziano a soprannominarla Coco.
Ed è proprio in un caffè di Moulins che fa il primo dei tanti incontri importanti che hanno costellato la sua esistenza: si lega a Étienne de Balsan, figlio di imprenditori tessili, che la invita a trasferirsi nel suo castello a Royallieu.
Una relazione lunga sei anni, la loro, che si rivela un incontro più che fortunato per la stilista: Étienne non è solo un amante, ma soprattutto il suo primo finanziatore: Coco è bravissima a creare cappelli e, ben presto, le donne che gravitano nella compagnia di Balsan se ne innamorano.
Le sue creazioni, richiestissime, spingono la sua natura mobile a muoversi a Parigi nel 1908 e, poi, a Deauville dove, nel '14, apre i suoi primi negozi, seguiti nel '16 da un salone di alta moda a Biarritz.
La moda di allora era ancora strettamente legata a concetti retrogradi: il corsetto, la crinolina, gabbie in cui le donne si rinchiudevano al grido di un equilibrio estetico tanto sponsorizzato quanto malsano. Così, Chanel, sempre controcorrente, sempre rivoluzionaria, inizia a proporre modelli sportivi, dalle linee semplici e morbide, al di là di ogni costrizione e in linea con la nuova tendenza salutista d'inizio secolo.
È il 1916 quando Rodier, industriale tessile francese, le dà in esclusiva il jersey, tessuto che si rivela essere il miglior interprete delle creazioni Chanel vista la sua morbidezza sul corpo e la sua capacità, innata, di liberare la fisicità della donna.
Il trittico gonna, pullover e cardigan diventa, così, il primo modello distintivo della moda Chanel, realizzato soprattutto in non colori come il grigio, il beige e il blu scuro oltre a, ovviamente, il binomio bianco e nero, carissimo al suo stile.
Ma è nel 1920 che avviene la consacrazione: in quest'anno, apre la sua prima boutique a Parigi al n.31 di Rue de Cambon.
E, da questo momento, la strada è in discesa perché il successo è definitivamente arrivato, anche se Coco Chanel non è persona da fermarsi e, soprattutto, da accontentarsi.
Crea il suo primo e celebre profumo, lo Chanel N.5, una fragranza senza tempo che, ancora oggi, è considerata una delle migliori mai concepite.
Successivamente, nascono altri profumi, come il N.22, il Gardenia, ispirato al fiore preferito dalla stilista che riproporrà anche nella bigiotteria, e il N.19.
Sempre attenta, osserva l'abbigliamento delle impiegate e delle commesse parigine, caratterizzato da abiti neri con colletto e polsini bianchi.
Ed è a metà degli anni '20 che quest'analisi si trasforma nel petit robe noir, il tubino nero dalla linee più semplici possibili capace di rendere ogni donna uguale alle altre, seppur con immenso stile.
Una moda democratica, la sua, che grazie alla proposta dei medesimi modelli in cui sono i tessuti e i dettagli a fare da variante è sempre fedele al suo credo "la moda passa, lo stile resta".
Un esempio calzante di questa visione è il successo assoluto ottenuto dal tailleur Chanel, amato dalle donne di tutto il mondo: in gabardine, tweed e, ovviamente, in jersey, una creazione sempre uguale a se stessa per la ricerca del taglio e l'accuratezza delle cuciture, ma non per i tessuti, sempre diversi, sempre al passo coi tempi.
Dopo aver dato forma a una sua visione stilistica, è il momento di pensare agli accessori. Così, Coco Chanel chiama a sé il conte Etienne de Beaumont e il duca Fulco di Verdura per dare il via a un atelier dedicato alle creazioni di bigiotteria in cui le gemme non preziose si accostano a quelle purissime. Creazioni ricchissime, quasi opulente, perché se Coco amava l'essenzialità dell'abito, altrettanto desiderava abbinarla ad accessori estrosi.
Ed è da attribuire a questo periodo, gli anni '30, la nascita della Chanel 2.55, ovvero la borsa più copiata al mondo dal giorno in cui è stata creata. Ma a Coco, questo, non dispiaceva affatto perché, come lei stessa diceva, essere plagiati è il più grande complimento che si possa ricevere: succede solo ai grandi.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Chanel è costretta a ritirarsi dalle scene della moda, ma solo per un po'. Perché il suo ritorno, nel '54, la vede vincente ancora una volta. Gabrielle, ora, è una donna di 71 anni e i critici dell'epoca la danno per spacciata: aspettano tutti, con grande gioia, il suo declino imminente.
Ma, come dicevamo, non stiamo parlando di una donna disposta a fermarsi e, così, nella sua nuova collezione N.5 fa sfilare il tailleur in maglia, quello che verrà indossato da moltissime donne al mondo, dalle più famose alle meno note. Tra loro anche Jackie Kennedy che, nel giorno dell'assasinio del marito JFK, indossava proprio un tailleur Chanel in maglia di un acceso punto di rosa: così, l'alta moda si è intrecciata con uno degli avvenimenti più drammatici del Novecento.
È il 10 gennaio 1971 quando, nella sua suite all'Hôtel Ritz di Parigi, Gabrielle Coco Chanel si spegne all'età di 87 anni. Una vita vissuta appieno la sua, che ha cambiato per sempre la moda internazionale e la concezione del corpo femminile. Dopo la sua scomparsa, la maison viene portata avanti da Gaston Berthelot e Ramon Esparza, assistenti di Madame Chanel, per poi passare nel '83 sotto la guida creativa di Karl Lagerfeld, designer straordinario che ha saputo rendere contemporanei i codici stilistici della casa di moda senza tradire, mai, la visione di Coco.
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