Giorgio De Chirico
Solo una voce si leva controcorrente all’inizio del Novecento, quando la ricerca artistica è letteralmente travolta dai movimenti d’avanguardia, un uomo solo guarda al valore della tradizione e alla riscoperta dell’antico mestiere di pittore: “prima di essere cézanniani, picassiani, soutiniani o matissiani e prima di avere l’emozione, l’angoscia, la sincerità, la sensibilità, la spontaneità, la spiritualità, i nostri geni modernisti, farebbero meglio ad imparare a fare una buona e bella punta al loro lapis”. Questa voce coraggiosa e solitaria è quella di Giorgio De Chirico.
Giorgio De Chirico nasce il 10 Luglio 1888, nella città
greca di Valos, situata nella regione della Tessaglia, dove suo padre Evaristo,
un ingegnere nato a Costantinopoli ma di cultura italiana, sta costruendo una
ferrovia. Sua madre, Gemma, era nata a Smirne da una famiglia genovese. Negli
anni Novanta dell'Ottocento la famiglia si sposta ad Atene, dove nasce il fratello Andrea, il
più importante legame affettivo della sua vita.
Ad Atene il giovane Giorgio compie gli studi classici,
studia musica e disegno con il maestro Jakobides, futuro direttore del Museo
Archeologico. Atene, sembra un paradosso, è alla fine del XIX secolo, la
capitale del Neoclassicismo più che la culla del classicismo autentico.
Dominano la cultura e la lingua tedesca, il volto della città è disegnato da
architetti bavaresi, i De Chirico sono vicini di casa di Schliemann.
Nel 1905 la morte del padre infligge un duro colpo alla
famiglia, i due fratelli decidono di abbandonare Atene per proseguire gli studi
a Monaco, è l’inizio di un viaggio che durerà per tutta la vita. Giorgio e
Andrea salpano da Patrasso diretti a Venezia ma decidono poi di scendere a Bari
e di visitare l’Italia, di cui si sentono figli pur senza conoscerla, prima di
giungere in Germania.
Una volta a Monaco, Giorgio frequenta il circolo di
intellettuali greci guidati dall’architetto Pikionis, frequenta il compositore
Max Reger, studia Feuerbach e Schopenhauer, conosce e respinge la Secessione,
si appassiona alla cultura e alla pittura romantica, scegliendo Bocklin e
Klinger come suoi ideali maestri. Questi artisti lo attraggono soprattutto per
le tematiche mitologiche, che evidentemente lo riportano ai luoghi della sua
infanzia, e per la dimensione misteriosa ed enigmatica che le loro opere
evocano, elemento che caratterizzerà tutta la produzione figurativa di De
Chirico.
I suoi primi quadri hanno come protagonisti esseri
fantastici della mitologia, come i centauri che lottano tra loro o che muoiono
in solitudine, come tritoni e sirene immersi nel loro mondo marino, temi che
trovano una precisa corrispondenza nelle opere dei due artisti citati. È chiaro
fin da subito però che nella pittura di De Chirico il mito non ha una funzione
tranquillizzante e raziocinante, come nella cultura neoclassica, ma incarna una
visione tragica e solitaria dell’esistenza.
Nel 1909 si allontana da Monaco per visitare la Biennale di Venezia, doveva essere un breve soggiorno invece l’Italia chiama ancora.
Soggiorna per un po’ a Milano poi si sposta a Firenze, che sceglie come sua
nuova patria. Emblematica di questo periodo è La Partenza degli Argonauti, un
dipinto del 1910 che condensa i sentimenti e i fondamenti della sua cultura
figurativa. Come De Chirico gli argonauti abbandonano la loro terra, il loro
porto sicuro, verso destinazioni ed esperienze ignote, sono nomadi, orfani di
una patria.
Firenze è anche il luogo in cui scaturiscono i primi enigmi,
quadri dall’atmosfera sospesa e misteriosa in cui ricorrono figure di spalle
avvolte nei pepli, uomini o statue, in spazi urbani ampi e deserti, spazi
delimitati dalle architetture in cui tendaggi, chiusi o semi chiusi, lasciano
presumere e sognare altri spazi sconfinati e sconosciuti.
Un esempio perfetto è il dipinto Enigma di un pomeriggio
d’autunno, del 1910, in cui una luce calda pomeridiana illumina le architetture
medievali di Piazza Santa Croce, trasfigurandola in una visione fantastica. È
lo stesso De Chirico a spiegare lo stato mentale da cui scaturiscono gli
enigmi, una sorta di rivelazione che fa apparire nuove cose già viste e già
conosciute, un momento di sospensione dal tempo che rivela l’essenza stessa di
quelle cose che sfugge ai più e che solo uno spirito eletto può cogliere.
Se De Chirico appare indifferente ai movimenti
d’avanguardia, questi non lo sono affatto nei confronti del giovane e
malinconico ragazzo. La sua pittura mette a tacere dibattiti e
polemiche, riduce al silenzio artisti, spettatori e critici. È l’intellettuale
più importante del tempo, Apollinaire, a notarlo per primo, a coniare per lui
il termine “metafisico”, riferendosi a un’arte interiore e cerebrale, le cui
sensazioni prendono forma architettonica.
La nascita ufficiale del movimento metafisico risale
all’incontro del 1916 tra Giorgio De Chirico e Carlo Carrà nell’ospedale
militare di Ferrara anche se il termine “metafisica” era già stato utilizzato
da Apollinaire per descrivere la pittura di De Chirico negli anni precedenti.
Per i due artisti “Metafisica” indica un preciso riferimento
alla filosofia di Aristotele e a quella parte del pensiero greco antico che
descrive una realtà che trascende quella immediatamente conoscibile ai sensi.
La descrizione di questa realtà avviene attraverso la rappresentazione di
oggetti reali ma associati tra loro in modo avulso dalla logica ambientale,
inaspettato, illogico, tale da generare in chi guarda un senso di sorpresa e
d’inquietudine detto “straniamento”.
I principi estetici della Metafisica non sono mai stati
formulati in un manifesto, ma possono essere sintetizzati nel modo seguente:
- descrizione di una realtà che va al di là delle apparenze
sensibili;
- immagini che conferiscono un senso di mistero, di
allucinazione o di sogno;
- costruzione prospettica del quadro secondo molteplici
punti di fuga incongruenti tra loro;
- immagini molto statiche per indicare che la scena si
svolge al di fuori del tempo;
- assenza della figura umana se non sotto forma di
manichino, statua, ombra;
- campiture di colore piatte e uniformi, in opposizione alla
forza emotiva degli espressionisti e al dinamismo dei futuristi;
- riferimenti alla mitologia greca antica.
L’esperienza della guerra mette fine (almeno per un po’)
alla mirabolante visione futurista e indirizza la cultura italiana verso un
recupero della tradizione, una nuova riflessione sulla grande scuola pittorica
italiana dei grandi maestri della scuola toscana. Giotto, Masaccio, Piero della
Francesca, diventano fonte di ispirazione soprattutto per il modo di costruire
la figura umana: corpi solidi, massicci, pesanti, che occupano lo spazio in
modo sicuro, che si affidano, come il paesaggio e le architetture a semplici ed
evidenti regole geometriche.
Questo nuovo corso, definito anche Ritorno all’Ordine, è
promosso e sostenuto dalla rivista Valori Plastici e dall’omonimo movimento che
ne scaturisce. In questo contesto si muove la pittura di De Chirico negli anni
successivi, un ritorno al mestiere sapiente e paziente del pittore del
Rinascimento, che padroneggia il disegno e il chiaroscuro, che sa ritrarre i
volti, le architetture e il paesaggio.
Continuerà a viaggiare, a lavorare tra Firenze, Roma e
Milano. Esporrà in Europa e negli Stati Uniti.
Morirà a Roma nel 1978, dopo aver compiuto il suo
novantesimo compleanno.
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